Siamo arrivati a uno dei punti cruciali della nostra trattazione sulla scienza: il Metodo Scientifico.
Possiamo definire il Metodo Scientifico come quell’insieme di regole che governano il procedimento di acquisizione di conoscenze empiriche. Gli elementi chiave del metodo scientifico sono l'osservazione sperimentale di un evento naturale, la formulazione di un'ipotesi generale sotto cui questo evento si verifichi e la possibilità di controllo dell'ipotesi mediante osservazioni successive, dirette in natura o attraverso la riproducibilità tramite esperimenti in laboratorio.
La conoscenza della realtà oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile avviene, da una parte, con la raccolta di dati empirici sotto la guida delle ipotesi e teorie da vagliare; dall’altra, con l’analisi rigorosa, logico-razionale e, dove possibile, matematica di questi dati, associando cioè, le «sensate esperienze» alle «dimostrazioni necessarie», ossia la sperimentazione alla matematica.
Sebbene la paternità ufficiale del metodo scientifico, nella forma rigorosa sopra definita, sia attribuita storicamente a Galileo Galilei, da cui anche il nome metodo galileiano, studi sperimentali e riflessioni filosofiche in merito hanno radici anche nell'antichità, nel Medioevo e nel Rinascimento.
La ricerca sul metodo scientifico è nata come conseguenza dell'evidente successo, pratico e teorico, ottenuto nei secoli dalla scienza, con la convinzione (o la speranza) che tale successo sia riconducibile all'applicazione di un metodo semplice e facilmente esportabile a molte altre discipline, se non a tutte. Da Galileo ad oggi, però, la scienza si è evoluta ed articolata in sempre nuove discipline, rendendo difficile definire una precisa metodologia universalmente applicata ed applicabile nei diversi secoli e nelle diverse discipline.
L'espressione "metodo scientifico", inoltre, può essere usata per riferirsi a concetti sensibilmente diversi. In particolare, è possibile distinguere due significati principali, anche se esistono molte sfumature e non è possibile trovare una vera e propria soluzione di continuità fra i due concetti.
Da una parte, si può intendere il metodo scientifico in un senso astratto, come l'insieme dei criteri (teorici, ma anche operativi) sulla base dei quali un risultato, teorico o sperimentale, può essere considerato effettivamente scientifico e deve essere accettato come tale dagli altri scienziati o dall’opinione pubblica in generale. In particolare, si tratterebbe di quei criteri che permetterebbero di distinguere un discorso scientifico da un discorso metafisico, religioso o pseudoscientifico.
Dall'altra, il metodo scientifico può riferirsi non alle caratteristiche in base alle quali un certo risultato è considerato scientifico, ma al percorso concretamente seguito per raggiungere il risultato stesso e riferirsi, quindi, più squisitamente alla pratica quotidiana e concreta dello scienziato, o almeno alla pratica adottata dalla comunità scientifica nel suo complesso, nella sua attività di ricerca.
Come si diceva, i due significati non sono completamente avulsi l'uno dall'altro. Si potrebbe sostenere, ad esempio, che se esistono dei criteri di metodo che caratterizzano il discorso scientifico (primo significato) questi dovrebbero per forza essere gli stessi adottati concretamente dagli scienziati nella loro attività quotidiana (secondo significato). D'altra parte è anche vero che il modo di procedere del singolo scienziato può anche essere più o meno fuori da ogni schema (si pensi alle molteplici figure in qualche modo geniali che hanno caratterizzato la storia della scienza e al loro modo di procedere per intuizione e apparentemente senza alcun metodo sistematico), e che a caratterizzare come scientifici i suoi risultati sono dunque criteri in qualche modo indipendenti dalla sua attività di scoperta e ricerca (per esempio la riproducibilità dei suoi dati sperimentali).
In considerazione di quanto esposto si arriva facilmente alla conclusione che, per quanto il concetto di “metodo scientifico” sia estremamente ampio, non si può prescindere dalla riproducibilità dei risultati. Una volta ottenuti, sta allo scienziato decidere come utilizzarli; ma questa è un’altra storia.
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